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I genitori: come influenzano la prestazione sportiva?

image001Quando si lavora nel campo dell’allenamento mentale si insegnano all’atleta strategie per gestire al meglio gli aspetti cognitivi, fisiologici, emotivi e ambientali della prestazione. Cosa intendiamo per  fattori “ambientali”?
Ogni prestazione si svolge all’interno di un ambiente fatto di molte variabili che possono influire positivamente o negativamente sulla performance individuale, soprattutto se parliamo di atleti più giovani. Alcune di queste variabili sono: la figura dell’allenatore, la presenza dei genitori, il rapporto tra genitore e allenatore, il rapporto con i compagni, l’ambiente fisico in cui si svolge la performance (ambiente conosciuto o in trasferta), l’ambiente climatico (per gli sport outdoor), ecc.
Oggi dedichiamo un post al difficile compito di essere genitori di figli atleti. Se essere genitori è complesso, essere genitori di un giovane atleta incrementa il livello di difficoltà. Negli incontri che facciamo con i genitori la domanda più frequente che ci fanno è: “Vedo mio figlio in difficoltà durante le gare, cosa posso fare per aiutarlo?”. Questo pensiero è sicuramente il primo pensiero di buon senso che viene in mente ad un genitore che vuole aiutare il proprio figlio. Non avendo chiare istruzioni su cosa fare, ma partendo dal presupposto che nessuno meglio di un genitore conosce il proprio figlio e sa come prenderlo, a bordo campo vediamo di tutto, purtroppo. Genitori che in buona fede spronano i figli urlando loro contro oppure genitori che bombardano i figli di istruzioni su cosa e come fare dimenticandosi di non essere i loro allenatori… e ci fermiamo qui perchè ogni tanto si vede anche di peggio… Ovviamente l’intenzione è sempre a fin di bene ma quali comportamenti aiutano realmente il giovane atleta e quali no?
Nella esperienza si sono riassunte alcune regole che possono fungere da guida ai genitori, anche se ogni situazione ovviamente andrebbe valutata singolarmente:
- assolutamente mai sovrapporsi all’allenatore: le questioni tecniche, di allenamento, di gestione gara sono di sua competenza e non del genitore che in quel momento ha delegato l’educazione sportiva del figlio ad un professionista che ovviamente si presuppone sia competente;
- mai screditare l’allenatore in presenza del figlio: se ci sono opinioni differenti si discute apertamente con l’allenatore e si cerca di capire quale soluzione trovare;
- evitare di “bombardare” il ragazzo nel pre-gara di informazioni o domande inutili: ogni atleta nel pre-gara dovrebbe avere una routine preparatoria e ogni interferenza in questa routine può essere un ostacolo per il ragazzo;
- imparare a dare feedback nel modo corretto, soprattutto nel post prestazione, per aiutare il ragazzo ad aumentare il senso di fiducia in se stesso invece di perdere sempre più la stima delle proprie capacità;
- ridurre il peso delle aspettative che si trasmettono, anche involontariamente, ai ragazzi: chiedersi che cosa realmente desidero per mio figlio? Che vinca, che si diverta o cosa? Essere chiari con se stessi aiuta ad essere coerenti con i propri figli e ad evitare che le nostre idee pesino come macigni sulla mente dei giovani atleti;
- capire come funziona la mente umana durante una prestazione sportiva aiuta a comprendere che alcune azioni fatte in un certo modo con l’intento di aiutare/sostenere/motivare non servono a granchè, ma molte altre cose potrebbero essere fatte.
- accettare di fare un passo indietro e lasciar fare esperienza al giovane atleta: sia in termini di successo che di insuccesso. Questo è il segreto per crescere “forti” nello sport.
 
Estratto dalla relazione della psicologa GLADYS BOUNOUS del 19 marzo 2012
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